The Zen Circus Il male 2025 - Cantautoriale, Rock, Punk

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Il male è un disco dove ogni suono si abbatte in cerca lo scontro, come naturale reazione a un presente disturbante e a un futuro che sembra pure peggio.

Quello che mi ha sempre colpito degli Zen Circus è il modo con cui riescono a percepire il presente, trasformando la loro musica in una sorta di pelle, una superficie su cui è possibile leggere frammenti di realtà, filtrata dall'emotività scomposta di Appino, Ufo e Karim Qqru. Provando a leggere la loro discografia in questo modo è possibile scorgere il malumore con cui si viveva la fine del berlusconismo - Nati per subire -, l'impossibilità di guardare davvero al futuro con chiarezza - L'ultima casa accogliente - e via dicendo. Non è un caso che l'unico disco sbiadito del circo Zen - Cari fottutisimi amici - si discosti da questa ricerca minuziosa e iper sensibile.

Ma cosa può dirci ora il presente senza che ci si lasci deprimere a morte? Nulla. Partiamo a leggere il tredicesimo disco degli Zen Circus dal fondo e sentiamo cantare "Il male siamo noi". Ricominciamo. Partiamo a leggere il tredicesimo disco degli Zen Circus dalla cima, dalla copertina, e vediamo campeggiare la scritta nera Il Male, su fondo fuxia. Allora forse non c'è scampo, è proprio di questo che bisogna parlare.

Appino ha sempre fatto del dolore il centro della sua scrittura, il cuore e il sangue del suo cantautorato magro e incisivo. Ma con Il Male il passo è ancora più lungo, perché in ogni brano, in ogni secondo di questa mezz'ora di musica quasi non c'è spiraglio o spazio per alcun sorriso, alcuna idea di redenzione. A differenza di cinque anni fa il futuro si vede in modo molto nitido, e fa semplicemente schifo, e dunque, se L'ultima casa accogliente era il disco meglio suonato degli Zen, una ricerca di grandeur più che giustificata, questo è uno dei meglio scritti.

Il Male è un disco pieno di gatti, gli inquilini rimasti a occupare le nostre case dopo averci fatti fuori. Ma è anche un disco pieno di vuoti e di colpe, non colpe date ma colpe assunte, su una generazione di ultra-quarantenni che non sopportano di aver fallito e non accettano che ora tocca ad altri portare avanti la carretta della lotta. Ma anche la colpa di essere stati la scoria di un secolo che aldilà della retorica della bellezza che salva il mondo, il mondo lo ha portato alla fine, d'altronde "Sono nato nel Millenovecento/Come i campi di concentramento".

Gli Zen non si vergognano, per fortuna, di risultare volgari, anche pornografici a tratti, per come cesellano rime semplici, che in bocca ad altri risulterebbero banali, ma che in mano a loro vivono sempre della stessa irresistibile sfacciata arroganza. Allo stesso modo la struttura delle canzoni sembra voler ricalcare le strutture di grandi successi della band, come in una eterna riscrittura di se stessi e del proprio immaginario, ma tornando un po' all'origine, a quei suoni grezzi e sporchi, senza le pulizie del pop contemporaneo, che il circo Zen aveva sperimentato negli ultimi tempi.

Il Male è un disco sbavato, ed è una gioia dirlo, è un disco dove nessun suono cerca la bellezza, ma lo scontro, perché se il mondo parla questa lingua, la pelle di Appino e compagnia questa lingua vuole parlare. Ci sarà nuovamente da pogare, da liberare alcune tossine, da imparare canzoni, ingoiando l'amarezza, accettando che questa è musica che non fa finta di niente. Il circo Zen sta ripartendo, bisogna aguzzare il cuore per accettare il male, da sempre il nostro talento migliore.

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La recensione Il male di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-09-26 01:31:00

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